Nei mesi scorsi è stata al centro di una vera e propria battaglia, sia dal punto di vista normativo che fiscale. La sigaretta elettronica: grande conquista oppure un bluff? Le posizioni continuano a dividersi, e, intanto, lo Stato non ha perso la speranza di aumentare gli introiti grazie al successo degli svapatori, in realtà mitigato dai macigni fiscali scagliati nei tempi recenti. Ora, però, tra operatori dei tabacchi 2.0 e governo italiano, sembra tornato il sereno. Nel prossimo Consiglio dei ministri, infatti, dovrebbe arrivare un decreto legislativo che potrebbe riportare in auge le e-cig, grazie all’introduzione dei nuovi modelli ancora ignoti sul mercato italiano. Il provvedimento in preparazione, infatti, consentirà il consumo delle sigarette elettroniche di ultima generazione anche all’interno dei luoghi pubblici, proprio una di quelle norme che, nei mesi alle spalle, avevano contrassegnato il braccio di ferro tra rappresentanti del settore ed esecutivo.
Ma come sarà la nuova sigaretta elettronica?
La conformazione resterà quella classica, che ha garantito la diffusione delle e-cig nei mercati di tutto il mondo. All’interno, si troveranno due sezioni: il dispositivo caricabatterie Usb, con uno stick al cui interno verrà posizionata la sigaretta; la sigaretta vera e propria, con filtro e tabacco, che dovrebbe evitare la combustione e dunque risultare innocua per chi la consumerà; tra la batteria e la sigaretta si troverà una fonte di calore in grado di attirare il sapore del tabacco all’inspirazione.
Insomma, la vera novità sarà che la sigaretta elettronica non sarà il gingillo digitale, con la lucina che si accende al momento del “tiro”, ma conterrà al proprio interno una vera “bionda”, che però non brucerà, ed eviterà danni sia ai consumatori attivi che a quelli passivi.
Nonostante questa conformazione, il decreto in arrivo dovrebbe considerare la nuova sigaretta elettronica come un prodotto da inalazione e non da fumo, come gli articoli precedentemente finiti sul mercato.
I divieti attualmente in vigore sia per le bionde classiche da pacchetto, che per le e-cig in vendita un po’ ovunque, ossia il bando da locali pubblici e da inserzioni pubblicitarie, dovrebbero cadere in ragione della comprovata assenza di nocività. Ma sulle reali conseguenze che questo prodotto potrà avere per i fumatori, emergono già le prime divisioni, con i medici che si affrettano a ricordare come i fumi si libereranno ugualmente dall’utilizzo. Sul reale impatto nel mercato delle nuove sigarette elettroniche, comunque, il responso arriverà entro breve: la messa in vendita è in programma per i primi mesi del 2015.
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martedì 22 luglio 2014
Lecito sedersi sulla battigia per prendere il sole? La normativa in materia
Se ha destato scalpore la notizia di qualche tempo fa della donna in avanzato stato di gravidanza "cacciata" da un lido privato ligure poiché d'intralcio alla battigia, ogni anno con l'arrivo dell'estate e l'invasione delle spiagge da parte di migliaia di turisti, il problema dell'utilizzo dei famigerati "cinque metri" si ripropone.
Complice la concessione di sempre maggiori tratti delle spiagge italiane a stabilimenti balneari privati, a discapito di quelli liberi, si moltiplicano infatti i cartelli di divieto, i casi di segnalazione e i malumori dei bagnanti.È necessario, quindi fare un po' di chiarezza. Sia i lidi che le spiagge per l'art. 28 del Codice della Navigazione fanno parte del demanio marittimo e possono essere oggetto di concessione ai privati, fermo restando, in assoluto "l'obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l'area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione" (art. 1, comma 251, lett. e), l. n. 296/2006 e s.m.i.).Pertanto, qualsiasi impedimento o la richiesta di un costo per il raggiungimento della zona battigia, ossia la striscia di terreno a contatto con il mare, rappresenta una violazione di legge e come tale può essere denunciata alle autorità.Tuttavia, è compito delle varie capitanerie di porto (regioni e comuni) stabilire di volta in volta, attraverso specifiche ordinanze, i metri demaniali che, non sempre corrispondono ai famosi cinque metri, poiché ciò dipende dalla grandezza della spiaggia.In ogni caso, occorre tenere presente che l'incriminato tratto di battigia sugli arenili è concesso per il libero transito e la sosta temporanea, non certo per "installarsi" con ombrelloni, tende, sdraio o finanche piscine per bambini, poiché si tratta, appunto, di un'area che deve essere libera al fine di agevolare il passaggio di persone e mezzi di servizio per i soccorsi in mare.Ovviamente, il divieto di qualsiasi attività, o comportamento, che costituisca ostacolo al transito delle persone e dei mezzi di soccorso, è esteso a tutti, anche ai clienti degli stabilimenti balneari privati.
Pertanto, se di regola, il semplice sedersi o la stesura di un telo per prendere il sole in zona battigia è da ritenersi generalmente tollerata, non lo è sicuramente un'invasione di "attrezzature" per rendere più comoda la sosta. In queste ipotesi, si rischia infatti di essere multati per occupazione di suolo pubblico.
mercoledì 12 dicembre 2012
Medici, gli anni della specializzazione vanno retribuiti.
Medici, gli anni della specializzazione vanno retribuiti. La II sezione civile del Tribunale di Roma ha accolto un ricorso del Codacons promosso per conto di 433 medici specializzati e ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri a un mega risarcimento di 6.714 euro ciascuno (più gli interessi legali) per ogni anno di specializzazione, per un totale di circa 20 milioni di euro. I giudici, riferisce il Codacons, hanno "pienamente riconosciuto le nostre tesi per far ottenere ai medici il risarcimento per gli anni di specializzazione non retribuiti, in violazione delle norme nazionali e comunitarie". Nel motivare la sua decisione il giudice Laura Scalia scrive: "Si tratta di fare applicazione dei principi affermati dalla Corte di Cassazione con le più recenti pronunzie. Tanto esposto i principi enunciati in materia di cassazione sono i seguenti: a) La violazione perpetrata dallo Stato Italiano, che ha tardivamente e in modo errato e incompleto trasposto a livello nazionale le direttive comunitarie sufficientemente precise e circostanziate, dà luogo ad un illecito da inadempimento di una obbligazione [...] La Presidenza del Consiglio dei ministri va quindi condannata al pagamento in favore degli attori a titolo di risarcimento del danno per le motivazioni più sopra indicate, della somma di 6.714 euro per ciascuno degli anni dei corsi di specializzazione effettuati, oltre interessi dalla data della domanda di lite e rivalutazione".
Per il presidente del Codacons Carlo Rienzi "si tratta di una sentenza molto importante, che riconosce i diritti lesi dei medici italiani e dispone un mega-risarcimento danni in loro favore: questa sentenza si aggiunge alla precedente ottenuta dal Codacons, e porta a quasi 1.000 il numero totale degli specializzati risarciti grazie alla nostra associazione, per una somma complessiva pari a circa 42 milioni di euro di indennizzo".
Ora il Codacons avvierà una serie di nuovi ricorsi, analoghi a questo che ha avuto esito positivo, per conto dei medici specializzati iscritti al sindacato Sumai, i quali potranno avvalersi dell'assistenza agevolata dell'associazione e ottenere un identico risarcimento.
Per il presidente del Codacons Carlo Rienzi "si tratta di una sentenza molto importante, che riconosce i diritti lesi dei medici italiani e dispone un mega-risarcimento danni in loro favore: questa sentenza si aggiunge alla precedente ottenuta dal Codacons, e porta a quasi 1.000 il numero totale degli specializzati risarciti grazie alla nostra associazione, per una somma complessiva pari a circa 42 milioni di euro di indennizzo".
Ora il Codacons avvierà una serie di nuovi ricorsi, analoghi a questo che ha avuto esito positivo, per conto dei medici specializzati iscritti al sindacato Sumai, i quali potranno avvalersi dell'assistenza agevolata dell'associazione e ottenere un identico risarcimento.
martedì 20 novembre 2012
Professione sanitaria: la legge n. 189/2012 depenalizza "colpa lieve" del medico
L'11 novembre 2012 è entrata in vigore l'ennesima disposizione di legge che farà
discutere e creerà diseguaglianze tra situazioni sovrapponibili: la legge 8
novembre 2012, n. 189 che ha convertito il Decreto Legge Balduzzi, n.
158/2012.
La cosiddetta "colpa lieve" dell'esercente una professione sanitaria ne risulta, in certo qual senso, depenalizzata. Infatti, il dato testuale dell'art. 3, 1° co., salva il sanitario che "nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve".
Viene menzionato l'art. 2043 del Codice Civile; scelta
discutibile; e mentre lo cita, si dimentica che proprio l'11 novembre di quattro
anni prima le Sezioni Unite hanno scolpito nel granito
giuridico, con le sentenze gemelle di San Martino numeri 26972, 26973, 26974
e 26975/2008, la dicotomia ed il bipolarismo danno patrimoniale-danno non
patrimoniale - 2043-2059. In buona sostanza, se il giudice dovesse seguire alla
lettera quel che ha scritto il legislatore del 2012, in ipotesi di
colpa lieve, va mandato esente da addebiti penali il medico ed al danneggiato, a
stretto rigore, non andrebbe liquidato neppure il danno non patrimoniale!
Infatti, l'art. 2043 c.c. si riferisce al danno patrimoniale. Ricordiamo che, nell'ipotesi in cui il fatto illecito si configuri quale reato, il danno non patrimoniale è risarcibile nella sua estensione più ampia di pregiudizio determinato da lesioni di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica. Come tale è svincolato dai presupposti dell'inviolabilità della lesione, connotata da gravità dell'offesa e serietà del pregiudizio, che sono posti a fondamento dell'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. In questa prospettiva non è necessaria l'esistenza di un fatto reato. Ora, soppresso legislativamente il reato perché la colpa è lieve, si teme che venga posta in serissimo dubbio anche la spettanza del danno non patrimoniale/areddituale, mentre nessuna perplessità sussisterebbe per il danno patrimoniale/reddituale. Inquieta l'ultima parte del primo comma dell'art. 3 quando conclude che "il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo". Va sottolineato, infine, che se la colpa è lieve, il danno non necessariamente è di poco conto. Anzi, può essere grave o gravissimo.
La cosiddetta "colpa lieve" dell'esercente una professione sanitaria ne risulta, in certo qual senso, depenalizzata. Infatti, il dato testuale dell'art. 3, 1° co., salva il sanitario che "nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve".
Infatti, l'art. 2043 c.c. si riferisce al danno patrimoniale. Ricordiamo che, nell'ipotesi in cui il fatto illecito si configuri quale reato, il danno non patrimoniale è risarcibile nella sua estensione più ampia di pregiudizio determinato da lesioni di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica. Come tale è svincolato dai presupposti dell'inviolabilità della lesione, connotata da gravità dell'offesa e serietà del pregiudizio, che sono posti a fondamento dell'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. In questa prospettiva non è necessaria l'esistenza di un fatto reato. Ora, soppresso legislativamente il reato perché la colpa è lieve, si teme che venga posta in serissimo dubbio anche la spettanza del danno non patrimoniale/areddituale, mentre nessuna perplessità sussisterebbe per il danno patrimoniale/reddituale. Inquieta l'ultima parte del primo comma dell'art. 3 quando conclude che "il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo". Va sottolineato, infine, che se la colpa è lieve, il danno non necessariamente è di poco conto. Anzi, può essere grave o gravissimo.
Consiglio Nazionale Forense: inopportuno reintrodurre l’obbligatorietà della mediazione
In attesa delle motivazioni con le quali la Corte Costituzionale ha
dichiarato incostituzionale la obbligatorietà della mediazione, è inopportuno
reintrodurre la medesima soluzione normativa. Nello stesso senso, d’altronde,
si è espresso il Guardasigilli Severino all’indomani della notizia della
sentenza sollevando seri dubbi sull’eventualità di una reintroduzione, con
diverso strumento normativo, di un meccanismo appena dichiarato non conforme a
Costituzione.
Il presidente del Cnf Guido Alpa ha inoltrato una lettera al presidente della
Commissione Industria del Senato, Cesare Cursi, per esprimere preoccupazione su
due emendamenti alla legge di conversione del decreto legge crescita 2.0 (AS
3533, di conversione del d.l. n. 179/2012),
all’esame della Commissione. Si tratta di emendamenti di identico tenore, volti
a reintrodurre l’istituto dell’obbligatorietà della mediazione finalizzata alla
conciliazione della lite con previsioni del tutto analoghe. Circostanza che fa
propendere per la inopportunità di tali modifiche nella more della motivazione
della Consulta.
Il presidente Alpa ha rappresentato al Parlamento come il sistema
dell’obbligatorietà disciplinato dal d.lgs. n. 28/2010
presenta ulteriori profili di criticità di natura tecnico-giuridica in relazione
al rapporto tra procedimento mediazione e processo civile, che però mettono a
rischio anche l’effettivo conseguimento dei giusti diritti dei cittadini.
“Si tratta, in buona sostanza, di una disciplina mal congegnata e poco
funzionale allo scopo di deflazione del contenzioso civile che si
prefiggeva”.
Nella lettera il presidente Alpa assicura che “l’Avvocatura è profondamente
sensibile al tema del buon funzionamento e della ragionevole durata del processo
civile - né potrebbe essere diversamente visto il rango costituzionale del
ministero della difesa - e che, al fine di contribuire al miglioramento del
sistema giustizia, sono allo studio ipotesi di impegno della categoria nella
diffusione di meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie e
segnatamente nella predisposizione di Camere arbitrali presso ciascun Ordine
circondariale”.
(CNF, comunicato stampa 17 novembre 2012)
In attesa delle motivazioni con le quali la Corte Costituzionale ha
dichiarato incostituzionale la obbligatorietà della mediazione, è inopportuno
reintrodurre la medesima soluzione normativa. Nello stesso senso, d’altronde,
si è espresso il Guardasigilli Severino all’indomani della notizia della
sentenza sollevando seri dubbi sull’eventualità di una reintroduzione, con
diverso strumento normativo, di un meccanismo appena dichiarato non conforme a
Costituzione.
Il presidente del Cnf Guido Alpa ha inoltrato una lettera al presidente della
Commissione Industria del Senato, Cesare Cursi, per esprimere preoccupazione su
due emendamenti alla legge di conversione del decreto legge crescita 2.0 (AS
3533, di conversione del d.l. n. 179/2012),
all’esame della Commissione. Si tratta di emendamenti di identico tenore, volti
a reintrodurre l’istituto dell’obbligatorietà della mediazione finalizzata alla
conciliazione della lite con previsioni del tutto analoghe. Circostanza che fa
propendere per la inopportunità di tali modifiche nella more della motivazione
della Consulta.
Il presidente Alpa ha rappresentato al Parlamento come il sistema
dell’obbligatorietà disciplinato dal d.lgs. n. 28/2010
presenta ulteriori profili di criticità di natura tecnico-giuridica in relazione
al rapporto tra procedimento mediazione e processo civile, che però mettono a
rischio anche l’effettivo conseguimento dei giusti diritti dei cittadini.
“Si tratta, in buona sostanza, di una disciplina mal congegnata e poco
funzionale allo scopo di deflazione del contenzioso civile che si
prefiggeva”.
Nella lettera il presidente Alpa assicura che “l’Avvocatura è profondamente
sensibile al tema del buon funzionamento e della ragionevole durata del processo
civile - né potrebbe essere diversamente visto il rango costituzionale del
ministero della difesa - e che, al fine di contribuire al miglioramento del
sistema giustizia, sono allo studio ipotesi di impegno della categoria nella
diffusione di meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie e
segnatamente nella predisposizione di Camere arbitrali presso ciascun Ordine
circondariale”.
(CNF, comunicato stampa 17 novembre 2012)
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