La Suprema Corte - con la sentenza 34481 del 12 settembre 2012 - non ha concesso al giovane la sospensione condizionale della pena, subordinando il beneficio al pagamento di quasi 19mila euro come risarcimento danni per le sue mancanze affettive ed economiche dopo la nascita dei tre piccoli
Nessuna comprensione, da parte della Cassazione, nei confronti dei giovani padri che si fanno schermo della loro condizione di studente per dimostrare la propria incapacità economica a mantenere i figli avuti dalla fidanzata. I supremi giudici, infatti, hanno confermato la condanna a 6 mesi di reclusione nei confronti di Italo M. (33 anni) che aveva avuto tre figli dalla sua compagna e, per i primi tre anni di vita dei bambini, non aveva minimamente provveduto a loro. Inoltre, la Suprema Corte - con la sentenza 34481 del 12 settembre 2012 - non ha concesso al giovane la sospensione condizionale della pena subordinando il beneficio al pagamento di quasi 19mila euro come risarcimento danni per le sue mancanze affettive ed economiche dopo la nascita dei tre piccoli - una femmina e due maschietti - avuti da Daniela L. con la quale non era sposato. L'uomo aveva iniziato a corrispondere 150 euro al mese a Daniela, per i figli, solo dopo un provvedimento del Tribunale dei minorenni. Senza successo, Italo M. ha contestato la condanna inflittagli nel novembre 2010 dalla Corte d'Appello di Milano, per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, facendo presente alla Suprema Corte che era sbagliato non aver tenuto "in alcun conto la sua oggettiva impossibilità di provvedere al mantenimento dei figli per mancanza di ogni reddito, essendo, all'epoca, studente". La Cassazione gli ha risposto che "la semplice situazione di difficoltà economica non è sufficiente a far venir meno l'obbligo di assistenza e contribuzione nei confronti dei figli". Peraltro, l'Alta Corte rileva che "l'imputato non ha neppure dimostrato di avere tentato di ottenere una occupazione lavorativa per far fronte ai suoi obblighi, avendo invece preferito rimanere a casa dei genitori, lasciando alla madre dei suoi figli il carico di provvedere sia alla loro cura, sia al loro mantenimento". Infine, la Suprema Corte ha intimato allo studente-padre di smetterla di lamentarsi per la condanna data la "gravità della condotta omissiva protrattasi per tre anni" e considerato il "trattamento benevolo del giudice di primo grado", il Tribunale di Pavia, che gli aveva concesso le attenuanti generiche.
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