La riforma delle professioni è arrivata in porto. Manca ormai solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale: questione di giorni, se non di ore, e poi si potranno forse mettere i titoli di coda su un film ormai inguardabile. La vera notizia è che è stata sconfitta la volontà di Confindustria e dei poteri forti di fare terra bruciata del mondo delle professioni per impossessarsi del mercato dei servizi ad alto valore aggiunto.
Ci hanno provato in tutti i modi. L’ultimo assalto è stato portato partendo dalla Bce e dalla lettera del 5 agosto 2011 con la quale si chiedeva, tra l’altro, la liberalizzazione dei servizi professionali. Il governo italiano, che in quel momento non era in grado di opporre alcuna resistenza, ha risposto con il decreto legge 138 del 13 agosto 2011 e, un anno dopo, con un dpr attuativo, appena firmato dal presidente Napolitano. Anche questa volta, dopo mesi di polemiche durissime, le ragioni delle professioni hanno avuto la meglio contro un liberismo di facciata messo lì solo per mascherare interessi ben precisi. In pratica si è finito per regolamentare a livello normativo una serie di prassi che, in vario modo, è già vigente da anni nel mondo delle professioni. Vediamo qualche esempio: la formazione. A parte gli ingegneri e gli agrotecnici, tutte le altre professioni avevano già da anni norme precise in materia, che sono state confermate dalla riforma Severino. Per quanto riguarda il tirocinio, solo consulenti del lavoro, avvocati e commercialisti avevano un tirocinio più lungo dei 18 mesi attualmente previsti come limite massimo, ma i commercialisti già consentivano di fare due anni su tre durante gli anni dell’università. Molte professioni tecniche avevano un tirocinio di durata inferiore o non l’avevano affatto: in questi casi la nuova disciplina, in contrasto con i suoi obiettivi, finisce per ritardare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Ancora, per quanto riguarda la pubblicità informativa la norma del 2006 era già chiarissima nel togliere ogni vincolo sulla pubblicità, quindi già oggi i professionisti sono liberi di farsi pubblicità. Con il decreto Severino ci si limita a regolamentare qualche dettaglio in più. L’unica vera novità è quindi quella relativa al procedimento disciplinare, che affida ad un organismo diverso dall’ordine il controllo sul rispetto delle regole da parte dei professionisti. Un po’ poco per una riforma che ha ammorbato l’aria per più di 10 anni.
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